Nessuna tregua: l’obiettivo ora è la pace. Donald Trump non è riuscito a strappare a Vladimir Putin un cessate il fuoco immediato nonostante il tappeto rosso e il trattamento da ‘amico’ che gli ha riservato ad Anchorage. Ma dal vertice con lo zar è emerso che un’intesa complessiva può essere raggiunta rapidamente, a patto che l’Ucraina ceda il Donbass.
A Volodymyr Zelensky e ai leader europei, il presidente americano ha riferito i contenuti del confronto di quasi tre ore con Putin. Una “telefonata non facile” – come raccontato da alcune fonti ad Axios – durante la quale Trump ha detto di sostenere un piano per mettere fine alla guerra in Ucraina cedendo alla Russia il territorio non conquistato piuttosto che tentare un cessate il fuoco. Anche perché, ha spiegato, Putin gli ha detto chiaramente di poter conquistare, se vuole, l’intero Donbass.

Per stemperare i timori Trump però ha messo sul piatto garanzie per la sicurezza dell’Ucraina, a partire da una misura che ricalca l’articolo 5 della Nato. Anche se nel caso di Kiev il meccanismo non agirebbe sotto l’ombrello dell’alleanza transatlantica. Trump e Zelensky parleranno direttamente del piano lunedì alla Casa Bianca. Un incontro al quale sono stati invitati anche gli europei.

Pur contrario alla cessione di territori, il leader ucraino volerà a Washington disposto a trattare. Zelensky – secondo indiscrezioni – si opporrebbe alla richiesta di Putin di cedere il Donetsk e il Lugansk in cambio di un congelamento della linea di combattimento nelle regioni sud di Kherson e Zaporizhzhia. Ma alla Casa Bianca il presidente ucraino è pronto a intavolare un dialogo sui territori, tema che è disposto a trattare anche in un confronto trilaterale con Trump e Putin.

Un vertice che potrebbe esserci se il bilaterale andrà bene. L’incontro di Zelensky con Trump si presenta comunque difficile, e non solo per la delicatezza degli argomenti da trattare. Fra i due i rapporti sono sempre stati altalenanti e il ricordo dello ‘scontro’ nello Studio Ovale di febbraio è ancora impresso nella memoria. Per Zelensky non ci fu – e probabilmente non ci sarà neanche lunedì – il tappeto rosso srotolato per Putin ad Anchorage, né le parole di lusinga del Trump ‘showman’ andato in scena con il leader del Cremlino, fra stretta di mano, B2 in volo e complimenti. “La Russia è una grande potenza”, ha detto il presidente dopo l’incontro con lo zar.

A Zelensky in febbraio disse invece “non hai le carte”. Alla Casa Bianca Zelensky (e forse gli europei se decideranno di esserci dopo l’ennesima riunione dei Volenterosi alla quale parteciperà anche Giorgia Meloni) cercherà di capire cosa abbia spinto il presidente americano a cambiare idea sul cessate il fuoco, sul quale si era detto d’accordo con gli europei. Il tycoon era infatti entrato al vertice dicendo che non sarebbe stato contento se non ci fosse stata una tregua subito.
Video Dal Donetsk alla lingua russa: le pretese di Putin al tavolo sull’Ucraina
Ma ne è uscito ‘sposando’ la posizione di Putin. Il leader del Cremlino si è infatti sempre dichiarato contrario a un cessate il fuoco, preferendo un accordo di pace in grado di affrontare – come ha detto anche accanto a Trump – le “cause profonde” del conflitto, che per lo zar includono l’esistenza di un’Ucraina indipendente, sovrana e allineata con l’Occidente. Perseguire direttamente una pace, inoltre, favorisce la Russia perché le consente di continuare la guerra mentre si svolgono i colloqui per una soluzione globale

. Per la pace Putin ha chiesto non solo territori, ma anche il russo lingua ufficiale in Ucraina e sicurezza per la chiesa ortodossa. Richieste che gli europei hanno ascoltato da Trump prima di ribadire il loro sostegno a Kiev e il loro impegno a continuare il pugno duro contro Mosca, anche con ulteriori sanzioni, se il conflitto non si fermerà. Per Trump invece il capitolo sanzioni è per il momento accantonato: pur avendole sventolate in più occasioni, il presidente ha detto chiaramente che per ora non se ne parla più, come per l’ipotesi di dazi secondari contro chi acquista il petrolio russo. Una mossa per prendere tempo e vedere se la sua intesa con Putin – che il solitamente loquace Trump non ha svelato direttamente – si tradurrà in qualcosa di concreto

. “Non c’è accordo finché non c’è l’accordo”, ha detto il presidente, consigliando a Zelensky di stringere un’intesa scaricando di fatto sul leader ucraino tutto il peso della decisione. “Anche se l’Alaska non è stata una Yalta 2.0”, come ha notato l’ex ambasciatore americano in Russia Michael McFaul, Trump – secondo gli osservatori – è caduto nella trappola di Putin e – come voleva lo zar – è pronto a fare di Zelensky (e degli europei) il capro espiatorio di un eventuale accordo di pace sul quale lo zar è pronto a mettere la firma.
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