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Sindacati: ‘A Meloni il tavolo sull’Ilva’. Governo li riconvoca – Notizie – Ansa.it

    Il governo punta a ricucire sull’ex Ilva e convoca nuovamente i sindacati a palazzo Chigi il 18 novembre “dando concreto seguito alla disponibilità a proseguire il confronto” e “riprendere il dialogo sulle prospettive occupazionali dei lavoratori”.

    I sindacati metalmeccanici Fim, Fiom e Uil, criticano intanto il modo in cui il ministro del made in Italy Adolfo Urso sta conducendo la crisi dell’Ilva e chiedono l’intervento diretto della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e l’intervento dello Stato per il risanamento e il rilancio del gruppo siderurgico. Ieri a far saltare il tavolo della più difficile crisi industriale del Paese, otto slide stampate in otto pagine che sono state presentate ai sindacati in una stanzetta di palazzo Chigi come nuovo piano di decarbonizzazione dell’Ilva. Piano “rigettato in toto” dai sindacati che lo hanno definito “un piano di morte” dell’ex prima acciaieria d’Europa. Bocciata dai sindacati anche la procedura di gara per la cessione del gruppo Ilva e del gruppo Acciaierie d’Italia dalla quale non è ancora emerso un pretendente di livello. Urso replica dagli scranni del governo durante il question time a Montecitorio e rilancia la presenza di “tre player” per Ilva sostenendo di aver “illustrato in modo compito e in piena trasparenza” la situazione del gruppo italiano.

    “Da parte di Urso c’è stato un vero e proprio tradimento. Per questo chiediamo alla presidente del consiglio Meloni di prendere in mano il tavolo e superare quello che è accaduto ieri” chiedono i segretari generali di Fim, Fiom e Uilm Ferdinando Uliano, Michele De Pascale e Rocco Palombella. “Eravamo stati convocati per discutere il piano di riconversione di agosto – proseguono i sindacati – e ci hanno presentato un piano di chiusura dell’Ilva. Un piano di morte. Con 6.000 cassintegrati: Si pensava che non si poteva fare peggio di Mittal e invece lo si è fatto”, dicono. Sulla vicenda Ilva è intervenuto anche il segretario generale della Cgil Landini che ha chiesto un intervento pubblico nella società che acquisirà l’Ilva. Ma i metalmeccanici sono ancora più espliciti: la necessità dello Stato è irrinunciabile viste le manifestazioni di interesse arrivare finora. ‘Pretendenti all’altezza dell’Ilva non ce ne sono – dicono-. Oggi non ci sono alternative allo Stato. La via per risanare e rilanciare l’Ilva passa per uno Stato imprenditore al quale si possono eventualmente affiancare privati” dicono i sindacati.

    “Finora sono state presentate solo due offerte, da due fondi americani, uno dei quali ha presentato la risibile offerta di 1 euro. Ieri il ministro Urso ci ha detto che venerdì si è palesato un terzo player, un ‘cavaliere mascherato’, il cui nome per un accordo di segretezza non ci è però stato rivelato a Palazzo Chigi, ma di cui oggi abbiamo letto il nome sul giornale di Confindustria’ dicono Uliano, De Palma e Palombella. “Il governo ci deve convocare, ma metta da parte questo piano di morte che certifica una strage occupazionale e una strage ambientale”, dicevano ancora i segretari di Fim, Fiom e Uilm prima della nuova convocazione. “In due mesi siamo passati da 3.600 cassintegrati a 4.550. Adesso passiamo a 5.700 che in pochi mesi passeranno a 6.000. Siamo oltre il 60% degli effettivi Ilva, per non parlare dell’indotto. Tutti operai giovani fra i 40/45 anni, famiglie giovani” proseguono Uliano, De Palma e Palombella. “Per noi è chiaro che i soldi della cigs ora servono per finanziare il funzionamento dell’azienda come si faceva ai tempi di Morselli e di Arcelor Mittal. Ma come abbiamo scioperato per mandare via chi stava distruggendo l’azienda, lo faremo ancora”. Venerdì e lunedì partiranno le assemblee per decidere sulla mobilitazione. Ma martedì ci sarà appunto un nuovo giro di tavolo a palazzo Chigi.

    Dalla cig al nuovo pretendente: ecco il piano a 4 anni

    Un “piano di decarbonizzazione” che si svolgerà in 4 anni, ovvero “nel più breve tempo possibile, con mantenimento della continuità produttiva, così da consentire all’Italia di diventare il primo paese europeo a produrre solo acciaio”: è il piano per l’ex Ilva presentato dal governo ai sindacati e reso noto dalla Fiom. Un piano che prevede, tra i punti salienti, la cassa integrazione aumentata a 5.700 persone, che poi arriveranno a 6.000, ed i negoziati con un nuovo potenziale acquirente estero che sta attualmente facendo una prima ricognizione.

    Ecco i principali punti previsti dal piano per l’Ex Ilva:

    NEGOZIATI IN CORSO: oltre a Bedrock Industries e Flacks Group, è stato firmato un accordo di riservatezza ed attivato l’accesso alla data room nel corso della scorsa settimana a un altro operatore estero per avviare una prima ricognizione finalizzata ad eventuale manifestazione di interesse. C’è stato, si legge nel piano, un “incontro venerdì scorso positivo a cui è seguita un’ulteriore richiesta di chiarimenti”.

    GESTIONE OPERATIVA: dal 15 novembre a febbraio 2026 ADI darà corso a interventi per la manutenzione AFO2, AFO4, Acciaieria 2, Treno Nastri 2, Rete Gas coke e agglomerato. Sono previsti anche interventi ambientali e sugli impianti marittimi. Da marzo 2026 sarà comunque necessario fare ulteriori interventi “auspicabilmente a cura del nuovo acquirente” tra i quali anche su AFO1 (ove dissequestrato).

    PIANO A CICLO CORTO: dal 15 novembre 2025 sarà necessario attivare un nuovo piano operativo a “ciclo corto” che comporta una rimodulazione dell’assetto produttivo del complesso aziendale. Dall’1 gennaio 2026 ci sarà il fermo di produzione delle batterie di cokefazione e dal metà gennaio 2026 l’avvicendamento tra AFO4 e AFO2 (un solo altoforno per circa 20 giorni).

    CIG CON INTEGRAZIONE DEL REDDITO: “La rimodulazione dell’attività produttiva, dal 15 novembre fino a fine dicembre, richiederà l’incremento del ricorso alla cassa integrazione, che passerà da 4.550 a circa 5.700 unità con integrazione del reddito. A tal fine il governo presenterà una norma legislativa anche per garantire la copertura finanziaria della integrazione. Dall’1 gennaio, con la fermata delle batterie di cokefazione, si arriverà a 6.000 unità”.

    IMPIANTO DRI A TARANTO ENTRO 4 ANNI: Il governo, con il supporto della Regione Puglia, per consentire la pronta attuazione del piano di decarbonizzazione, garantirà l’immediata disponibilità di risorse finanziarie necessarie alla realizzazione dell’investimento per l’impianto di DRI in 4 anni. Il governo sta lavorando per garantire all’impianto DRI e alla centrale termoelettrica una fornitura di gas via condotte terrestri, a prezzi competitivi.

    TAVOLO TARANTO: il tavolo insediato al Mimit lo scorso 19 maggio ha permesso di individuare aree potenzialmente fruibili ai fini della reindustrializzazione (sia interne che esterne al perimetro dell’ex Ilva). Per queste aree “stiamo valutando i progetti di investimento di oltre 15 aziende italiane ed estere, fra cui primari player nazionali, i cui progetti possono realizzarsi nell’arco dei 4 anni” in vari settori.

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