I gustosi piatti di recupero presenti nella tradizione alimentare italiana, gli avanzi del giorno prima da reiventare, i tegami e le pentole da ripulire di sughetti e intingoli con l’aiuto di un po’ di pane.
Tutto questo è abitudine in ogni casa per il dna contadino che non si butta mai niente, per il rispetto della fatica umana che c’è dietro ogni cosa dalla raccolta del grano alla macinatura, dalla coltivazione di un vegetale alla pesca in alto mare, senza contare il sapore familiare, spesso evocativo della nostra storia personale che ci restituiscono certe ricette. La novità è che questa storia di recupero e rispetto delle nostre abitudini casalinghe ha varcato la porta di casa, ha tolto il grembiule da cucina e ha messo l’abito delle feste perchè è diventata un elemento di attrazione anche al ristorante, solleticando la creatività degli chef che sperimentano, innovano, combinano con libertà ed estro ma nel cuore hanno le polpette di casa. nsomma la panzanella, la pappa al pomodoro, la bruschetta e il sugo avanzato nella pentola sono diventati gourmet.
Pentolino in rame a tavola e scarpetta di sugo con il pane – chef Alfonso D’Auria – Follie – Roma
Quante volte, mangiando fuori casa, in indirizzi scovati nelle guide ai ristoranti e persino con insegne di stelle e cappelli abbiamo trovato quei piatti e ad altri similiari in carta? Il cibo di recupero è diventato una chiccheria stellata. Certo rivestito con l’abito delle grandi occasioni, ad esempio una tartelletta di pasta frolla diventa guscio per la pappa al pomodoro, una focaccia calda diventa letto per un cucchiaio di sugo all’amatriciana, un pentolino di rame fa da piatto per la scarpetta. C’è da rallegrarsi che gesti tanto familiari quanto sconvenienti in un galateo a tavola, considerati tabù, una cafoneria fino a qualche anno fa come inzuppare il pane in un piatto di intigoli per ripulirlo ben bene siano ora non solo accettati ma persino trovino posto come voce di un menù? I giovani non hanno mai vissuto queste restrizioni formali, gli anziani possono biasimare il cambio di passo ma in cuor loro sanno che così nulla finirà in pattumiera, tutti gli altri si adeguano ai nuovi tempi, magari con soddisfazione a questo nuovo rito laico che regala grandi piaceri forse proprio perchè un tempo proibitissimo.

Risoni di Gragnano con basilico, ostriche alla brace e Parmigiano – chef D’Auria – Follie – Roma
Fare la scarpetta in particolare, gesto anticamente vietato perchè testimoniava tra i commensali una fame atavica, poi mitigato a patto di usare la forchetta al posto delle mani e ora liberato con nonchalance anche a tavola al ristorante è conosciuta in tutto il mondo e associata al buon cibo italiano, una icona del made in Italy come lasagne e spaghetti al pomodoro. Di indirizzi che invitano già nel menù a fare la scarpetta ce ne sono diversi, alcuni lo hanno scelto anche nel titolo come Scarpetta NYC, che da New York è diventata una catena da Madrid a Doha mentre una rinomata pizzeria di Napoli, I Vesuviani fondata dai fratelli Federico e Francesco De Maria, in carta hanno messo La Scarpetta – crema di 4 pomodori campani (San Marzano DOP, datterini caramella, pomodorini del Piennolo del Vesuvio DOP, cuore di bue), ricotta di bufala, parmigiano reggiano, basilico, olio evo accompagnata da 3 fette di ‘pane cafone’ e a Capri nel prestigioso Jumeirah Capri Palace l’osteria di mare e pizza d’autore di Franco Pepe, a-Ma-Re Capri, a due passi dalla Grotta Azzurra ha inserito l’iconica Scarpetta (mozzarella di bufala campana, fonduta di Grana Padano, composta di pomodoro cruda fredda, pesto di basilico e scaglie di Grana) tra i piatti dell’anno per Identità Golose.

Il pomodoro tartare e gelato – chef Alfonso D’Auria – Follie – Villa Agrippina Gran Melià – Roma
Chicco Cerea, uno degli chef più noti d’Italia, antesignano e maniaco del no waste, fa con il piatto che lo ha reso famoso, ossia il pacchero ‘alla Vittorio’ (il ristorante tristellato di Brusaporto (Bergamo) meta gastronomica d’eccellenza) un vero e proprio elogio della scarpetta. Tre diversi tipi di pomodoro: San Marzano, datterini di Pachino e cuore di bue, abbondante burro e parmigiano giovane da mantecare rigorosamente a fuoco spento, basilico, olio e pane per ripulire il piatto con gusto.

Pappa al pomodoro
Alfonso D’Auria, lo chef del Follie a Villa Agrippina Gran Meliá a Roma a due passi da San Pietro, in un menù estivo rinnovato ed estroso, con piatti prelibati come il risone di Gragnano con basilico, ostriche alla brace e Parmigiano o la sorprendente triglia con salsa alla cacciatora ha confermato per il secondo anno il suo percorso di antipasto gourmet tutto dedicato a recupero e scarpetta con al centro sua maestà il pomodoro perchè commensali italiani e stranieri lo chiedevano a grande richiesta. Ecco così in carta la focaccia con sopra il sugo all’amatriciana, la tartelletta di rinfrescante panzanella, il pentolino di ragù da pucciare, il cubotto di frittata di pasta, oltre ad un gelato al pomodoro diventato signature dish. La panzanella in particolare ispira, è diventata una sorta di base, di tela bianca per gli chef stellati: Eugenio Boer alla classica ricetta aggiunge gamberi rossi abbattuti per un gusto che va dalla Toscana alla Sicilia. Bruno Barbieri la propone scomposta, che poi sarebbe la versione povera autentica con il pane a pezzi grandi, lo chef svizzero Pietro Leeman nel suo Joia di Milano, primo ristorante vegetariano con 1 stella Michelin, la propone in versione sferica con un cuore piccante di purea di fagioli e wasabi.

Antipasto dedicato al pomodoro secondo tradizione – Follie – Villa Agrippina
Una volta intercettato il trend restano le abitudini domestiche: l’estate è favorevole a riprendere piatti antichi, amatissimi. Un pane passato di freschezza tuffato in acqua e aceto diventa la base per una panzanella toscana (ma anche romana, Aldo Fabrizi ne era un cultore), piatto semplice e fresco con pomodori, cetrioli, cipolla, basilico, olio d’oliva. Poi ciascuno può modificare a piacere questa insalata di pane: aggiungendo tonno ad esempio, origano, olive, mentuccia. Una variante gustosa contadina prevede al posto del tonno i fagioli, meglio se bianchi. Secondo tradizione il pane si deve vedere: a pezzettoni più che briciole. Altra ricetta la pappa al pomodoro: sempre pane raffermo come ingrediente principale ma fatto ammorbidire anzichè in acqua e aceto in acqua e brodo vegetale, sbriciolato poi il più possibile, unito a tanto pomodoro (o pelati) in un soffrittino di olio, aglio e cipolla e cuocere lentissimamente finchè non si riduce in pappa, da mangiare tiepida con un giro di olio di oliva, pepe e basilico fresco. Altra alternativa sono le fette di pane raffermo bruschettate: nell’Italia centrale, a cominciare dalla toscana, ci si strofina sopra ancora calde un poco di aglio un pomodoro tagliato a metà che così bagna la bruschettina, giro d’olio, origano e via, che poi alcuni km più giù è l’idea stessa delle friselle pugliesi.
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