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Nuova notte di missili tra Israele e Iran. Trump valuta l’attacco. Khamenei: la battaglia ha inizio – Medio Oriente – Ansa.it

    “La battaglia ha inizio”. Così scrive Ali Khamenei, nella sua prima reazione dopo che il presidente americano Donald Trump ha detto di non avere alcuna intenzione “per ora” di uccidere il leader iraniano.
    “La Repubblica islamica trionferà sul regime sionista”, aggiunge Khamenei su X. Intanto nella notte nuovo scambio di missili tra Israele e l’Iran. L’esercito dello Stato ebraico ha chiesto ai residenti di un distretto di Teheran di evacuare immediatamente. 

     

    La giornata di ieri:

    “L’Iran sta preparando missili ed altre apparecchiature militari per attaccare le basi americani in Medio Oriente qualora gli Stati Uniti si unissero alla guerra di Israele”. Lo riporta il New York Times citando alcune fonti americane. “L’Iran potrebbe piazzare mine nello Stretto di Hormuz se gli Stati Uniti si unissero alla guerra di Israele” scrive sempre il Nyt. “Le mine punterebbero a bloccare le navi da guerra americane nel Golfo Persico”.

    Forti boati si sono uditi a Tel Aviv dopo le sirene di allarme scattate per il lancio di missili dall’Iran. Lo ha constatato l’ANSA sul posto. Allarmi anche a Gerusalemme, nel Golan, nel centro di Israele. Alcuni missili lanciati dall’Iran nel nono attacco della giornata sono caduti nell’area di Gerusalemme e nel centro di Israele.

    Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha avuto un colloquio telefonico con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump dal bunker dove stava tenendo una valutazione sulla situazione. 

    L’Idf ha comunicato che si è concluso il nono attacco della giornata da parte dell’Iran contro Israele. Quindici missili balistici hanno raggiunto il Paese, una parte è stata intercettata dai sistemi di difesa. Il servizio di soccorso Magen David Adom riferisce che per il momento non risultano feriti.

    Per approfondire Agenzia ANSA Iran-Israele: il diario di martedì 17 giugno Trump sposta i caccia, ‘L’Iran si arrenda senza condizioni’

     

    Il punto alle 22 ora italiana (dell’inviato Claudio Salvalaggio)

    Donald Trump riunisce il suo team di sicurezza nella Situation Room della Casa Bianca dopo aver abbandonato anticipatamente il G7 canadese per la crisi mediorientale. E valuta l’ipotesi di entrare in guerra con Israele contro l’Iran, pur avendo sempre promesso in campagna elettorale di voler evitare nuovi conflitti per gli Usa. Su Truth ha già chiesto una “resa incondizionata” della Repubblica Islamica, dopo aver invitato tutti ad evacuare Teheran e avvisato che “ora abbiamo il controllo completo e totale dei cieli sopra l’Iran” grazie alla superiorità tecnologica militare Usa. Minacciato anche Ali Khamenei: “sappiamo esattamente dove si nasconde il cosiddetto ‘Leader Supremo’. È un bersaglio facile, ma lì è al sicuro. Non lo elimineremo (non lo uccideremo!), almeno non per ora. Ma non vogliamo che i missili vengano lanciati contro i civili o i soldati americani. La nostra pazienza sta per esaurirsi”.

    Sul tavolo l’opzione di lanciare un attacco americano contro le infrastrutture nucleari iraniane, in particolare l’impianto sotterraneo di arricchimento dell’uranio di Fordow, profondamente interrato e raggiungibile solo dal più grande “bunker buster” Usa: è il Massive Ordnance Penetrator, o GBU-57, e pesa così tanto – 13.700 kg – che può essere sollevato solo da un bombardiere B-2. Israele non possiede né l’arma né il bombardiere necessari per portarla in quota e sganciarla sopra l’obiettivo.

     

    Fino a lunedì, quando era al G7, Trump ha insistito per un accordo con l’Iran, dandolo quasi per scontato. Ora sta mostrando i muscoli, anche rafforzando la presenza militare americana in Medio Oriente, con altri caccia militari e la portaerei Nimitz. Ma se la combinazione di persuasione e coercizione fallisce, dovrà decidere se questa è la guerra di Israele o quella dell’America. Funzionari iraniani hanno già avvertito che la partecipazione degli Stati Uniti a un attacco ai suoi impianti metterebbe a repentaglio ogni residua possibilità di raggiungere l’accordo sul disarmo nucleare che Trump dice di voler ancora perseguire. Tornando dal G7, a bordo dell’Air Force One, il commander in chief ha ventilato la possibilità di mandare l’inviato speciale Steve Witkoff o il vicepresidente J.D. Vance a incontrare i negoziatori iraniani, spiegando di volere “una vera fine” alla questione nucleare iraniana, e non solo un cessate il fuoco tra Iran e Israele. Se uno dei due dovesse incontrare gli iraniani, secondo il New York Times, il probabile interlocutore sarebbe il ministro degli esteri Abbas Araghchi, che ha svolto un ruolo chiave nell’accordo nucleare del 2015 con l’amministrazione Obama e conosce ogni elemento del vasto complesso nucleare iraniano.

     

    Ma ora sembrano salire le chance dell’opzione militare. Due funzionari israeliani hanno detto ad Axios che Benjamin Netanyahu e il suo apparato della difesa continuano a credere che Trump potrebbe decidere di entrare in guerra nei prossimi giorni per bombardare l’impianto di Fordow. Finora, gli Stati Uniti hanno aiutato Israele a difendersi dai missili in arrivo, ma si sono rifiutati di partecipare a operazioni offensive. Nel giro di pochi giorni, però, si è passati dalla linea “Non è una nostra operazione” a “Noi ora controlliamo i cieli iraniani”. Trump deve fare i conti con il Congresso, dove un gruppo bipartisan di deputati ha presentato una risoluzione che vieta alle “forze armate americane di intraprendere ostilità non autorizzate contro la Repubblica Islamica dell’Iran”, perché “la Costituzione non consente al potere esecutivo di commettere unilateralmente un atto di guerra contro un Paese che non ha attaccato gli Stati Uniti”. Il mondo Maga, contrario a ogni interventismo americano, è in rivolta: in prima fila l’ex anchor di Fox News ed ora influente podcaster Tucker Carlson. Al Pentagono le opinioni sono divise per altri motivi. Elbridge A. Colby, sottosegretario alla Difesa per la politica, sostiene da tempo che ogni risorsa militare dedicata alle guerre in Medio Oriente viene distolta dal Pacifico e dal contenimento della Cina.

     

    Dal G7 arrivano appelli per tornare al tavolo negoziale, come ha chiesto Emmanuel Macron, con un monito contro qualsiasi tentativo di cambio di regime che porterebbe al “caos”. Ma il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha riconosciuto che Israele “sta facendo il lavoro sporco per tutti noi” in Iran, e che “se Teheran non fa marcia indietro, la distruzione completa del programma nucleare iraniano è all’ordine del giorno, cosa che Israele non può ottenere da solo”. 

     

     

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