(di Laura Valentini)
Una città plasmata sul passato ma che
si propone di guardare al futuro. E’ la sintesi che intendono
percorrere in Arabia Saudita i promotori di uno dei progetti più
ambiziosi in corso nel paese che nel 2030 ospiterà l’Expo: la
trasformazione di Diriyah, divenuta capitale del Primo Stato
Saudita nel 1727 sotto la guida dell’Imam Mohammed bin Saud, in
un polo globale per la cultura, il commercio e il turismo. Il
progetto, parte integrante di Vision 2030, il programma
strategico promosso dal Regno per ridurre la propria dipendenza
dal petrolio e diversificare l’economia, va avanti alla velocità
della luce per arrivare in porto (almeno in massima parte) in
tempo per gli appuntamenti internazionali che dopo l’Expo
prevedono i Mondiali di calcio del 2034. Per ridisegnare l’area
di 14 chilometri quadrati a un quarto d’ora di macchina da
Riyadh, dove si susseguono i cantieri con uno skyline
impressionante di gru, i numeri sono da capogiro e i risultati
di questo immenso sforzo realizzativo il cui budget stimato è
pari a 63,2 miliardi di dollari sono già visibili.
Responsabile del progetto, che figura all’interno dei
programmi giga del Pif, il fondo di investimenti pubblico
saudita, è la Diriyah Company fondata ad hoc nel 2023. “Il
nostro progetto è tutto costruito sull’idea della comunità e
della sostenibilità: Diriyah è pensata come una città facilmente
percorribile a piedi”, spiega in un incontro con la stampa
internazionale nel quartier generale di Diriyah Company il
Direttore esecutivo del marketing Sviluppo e Innovazione, Nawaf
Rajeh, ricordando che dal 2030 sono attesi nella ‘città della
terra’ 50 milioni di visitatori l’anno. Le auto non spariranno
ma saranno meno visibili grazie ai parcheggi sotterranei (oltre
60mila) e forse meno usate visti i 17 km di piste che sorgeranno
a disposizione di pedoni, cavalli e biciclette. E quattro
stazioni della metropolitana collegheranno Diriyah alla
capitale. Appartamenti, circa 40 alberghi di lusso (già aperto e
super gettonato il 5 Stelle Bab Samhan Hotel cui si
aggiungeranno tra i tanti marchi Ritz-Carlton, Baccarat, Armani,
Raffles) ma anche 16 scuole, moschee, una università e un teatro
dell’Opera, The Royal Diriyah Opera House: il tutto
rigorosamente nello stile architettonico Najdi, tradizionale
dell’Arabia Saudita centrale (regione del Najd), caratterizzata
da edifici in mattone crudo con cortili interni, muri spessi,
piccole aperture (furjat) e merlature, a un’altezza non oltre i
tre piani. Più elevati ma di poco (massimo sei piani) potranno
essere gli edifici della parte della città più vicina a Riyadh e
destinata nel tempo a fare da trait d’union con la capitale,
chiamata dagli addetti ai lavori Diriyah 2. Per arrivare in
tempo all’appuntamento del 2030 i cantieri vanno avanti a ciclo
continuo (tre squadre si alternano non stop e gli operai
impegnati sono 55mila) e un’idea tangibile della nuova città
emerge con chiarezza.
Tra i primi quartieri terminati figurano Diriyah Square e le
Terrazze Bujairi che ospitano caffè e ristoranti dove è
possibile ascoltare musica dal vivo e anche un intreccio di
stradine con negozi di souvenir: qui dal tramonto passeggiano le
famiglie saudite godendosi la vista sul sito At-Turaif,
patrimonio dell’Unesco dal 2010, e gustando gelati e bibite
serviti ai tavolini all’aperto. E’ questa cittadella situata su
un altopiano calcareo affacciato sul Wadi Hanifah il cuore
dell’intero progetto che si basa, come ribadisce il Direttore
esecutivo della Comunicazione di Diriyah Company, Sami Amin,
sulla volontà di far rivivere l’eredità culturale del paese: “la
città è una destinazione ispirata dal passato che conduce alla
Vision 2030. Così come, in maniera diversa, contribuiranno a
questa Visione strategica altri progetti come Neom”, la città
futuristica in costruzione nel nord ovest, o The ‘Red Sea
project’ per il turismo nel Mar Rosso. “Tutti lavorano insieme
per lo stesso obiettivo”.
Di certo il patrimonio culturale che Diriyah intende
custodire e rilanciare ha al centro At-Turaif, culla del Regno
saudita: per la sua posizione strategica ai margini della valle
e la vicinanza all’oasi fu scelto nel 1766 dall’Imam Abdulaziz
bin Mohammed bin Saud come sede del governo e residenza della
famiglia reale, la cui storia è raccontata nel museo presente
nel sito e che in Diriyah Company vede la presenza della
principessa Lama AlSaud, nel settore PR e Comunicazione: un
ruolo che svolge, come racconta il magazine The Saudi Times, con
un background di studi universitari coronati da un master in
Marketing, Management Communications, e Media presso la Sorbona
di Parigi. Composto da sette unità architettoniche
interconnesse, il Palazzo Salwa fungeva principalmente da
residenza dell’Imam regnante, con tanto di moschea e scuola per
i giovani residenti. Nell’edificio trovavano spazio anche
depositi di rifornimenti, armerie e uffici statali. Oggi il
Palazzo ospita un museo storico del Regno e grazie a un
minuzioso restauro offre tra le sue mura un itinerario di cui
fanno parte ricostruzioni audio-video delle tappe più
significative della dinastia saudita. A poche centinaia di metri
dal Palazzo, nell’area verde di Al-Tawalie, si cambia registro
con il Souq Al-Mawsim, uno dei mercati più antichi della
Penisola Arabica durante il Primo Stato Saudita, centro vitale
per il commercio: oggi, si presenta come una piattaforma
dedicata ai legami culturali e storici tra l’Arabia Saudita e un
diverso Paese ospite ogni anno. Quest’anno, il Souq Al-Mawsim
celebra 70 anni di relazioni diplomatiche tra l’Arabia Saudita e
il Giappone con un mix di spettacoli dal vivo, workshop, cibi e
bevande tradizionali, con un mercato dedicato all’artigianato e
alle tradizioni sia dell’Arabia Saudita che del paese del Sol
Levante.
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