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Israele tratta con 5 paesi per l’accoglienza dei palestinesi – Medio Oriente – Ansa.it

    Israele è in trattative con cinque Paesi – Indonesia, Somaliland, Uganda, Sud Sudan e Libia – per il potenziale reinsediamento dei palestinesi dalla Striscia di Gaza, secondo quanto riporta Channel 12. “Alcuni Paesi stanno mostrando maggiore apertura rispetto al passato nell’accettare l’immigrazione volontaria dalla Striscia di Gaza”, ha dichiarato una fonte diplomatica all’agenzia di stampa, citando in particolare Indonesia e Somaliland. Tuttavia, non sarebbe stata presa alcuna decisione concreta.

    La notizia, ripresa dalla stampa israeliana, si aggiunge alle affermazioni dell’Associated Press secondo cui Israele avrebbe discusso il reinsediamento dei cittadini di Gaza in Sud Sudan, un’affermazione che il governo della nazione africana ha respinto come “infondata”. Il Somaliland, da parte sua, regione separatista della Somalia, potrebbe sperare di ottenere, grazie a un accordo con Israele, il riconoscimento internazionale.
    In un’intervista rilasciata ieri sera al canale di notizie i24, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha espresso il suo sostegno all’emigrazione di massa dei cittadini di Gaza, una politica approvata dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump all’inizio di quest’anno, affermando che Israele è in contatto con “diversi Paesi” per l’assorbimento dei civili sfollati dal territorio devastato dalla guerra.
    “Tutti coloro che si preoccupano per i palestinesi e dicono di volerli aiutare dovrebbero aprire loro le porte”, ha detto ieri il premier israeliano. Incalzato sul perché il processo non abbia fatto progressi, Netanyahu ha risposto: “Servono Paesi ospitanti. Stiamo parlando con diversi Paesi, non entrerò nei dettagli qui”. 

    Almeno 98 palestinesi sono stati uccisi negli attacchi israeliani nella Striscia di Gaza dall’alba, inclusi almeno 37 richiedenti aiuti, secondo quanto riferito da fonti mediche ad Al Jazeera. Tra i morti di oggi, 61 sono stati uccisi a Gaza City.
    L’ufficio stampa di Hamas ha intanto aggiornato a 235 il totale dei decessi per fame, inclusi 106 bambini, mentre la crisi umanitaria ha raggiunto quelli che ha definito “livelli catastrofici”. Secondo i dati del ministero della Salute di Gaza, tra le vittime ci sono 19 donne, 75 anziani e 35 uomini di età superiore ai 18 anni, mentre 40.000 neonati soffrono di malnutrizione. 

     

    La giornata appena trascorsa:

    Israele tira dritto con il piano di allargare l’offensiva a Gaza, nonostante gli appelli internazionali a evitare un’ulteriore escalation in una situazione umanitaria drammatica. Il capo di Stato maggiore, Eyal Zamir, che pure nella lunga e agitata riunione del gabinetto di guerra aveva espresso le sue perplessità sull’operazione – salvo poi rimettersi agli ordini politici -, ha approvato il quadro generale del piano operativo dell’Idf nella Striscia che prevede, tra l’altro, l’occupazione nei prossimi mesi di Gaza City e di alcuni campi profughi, ritenuti le ultime roccaforti di Hamas. Obiettivo dichiarato del premier Benyamin Netanyahu è quello di dare il colpo finale al gruppo terroristico e riportare a casa gli ultimi 49 ostaggi (di cui solo una ventina sarebbero ancora in vita), mentre i Paesi mediatori tentano di scongiurare la nuova operazione militare israeliana rilanciando i negoziati e avanzando nuove proposte.

    Hamas ha affermato che le forze israeliane hanno intensificato le incursioni “aggressive” proprio a Gaza City, denunciando “una pericolosa escalation volta a imporre una nuova realtà sul terreno con la forza, attraverso una politica di terra bruciata e la completa distruzione di proprietà civili”.
    Fonti mediche hanno riferito all’agenzia palestinese Wafa che almeno 81 persone sono rimaste uccise negli attacchi dell’Idf delle ultime ore in diverse località, di cui oltre la metà – 45 – proprio a Gaza City, dove il piano di Netanyahu prevede di sfollare un milione di persone.
    Una delegazione di Hamas avrebbe quindi fatto sapere ai mediatori, in un incontro al Cairo con il capo dell’intelligence egiziana, di avere fretta di riprendere i negoziati per un cessate il fuoco a Gaza. “La minaccia israeliana di conquistare Gaza City ha portato Hamas al Cairo”, ha riferito una funzionario egiziano a Ynet, aggiungendo che l’Egitto ha intenzione di invitare anche una squadra negoziale israeliana nella capitale egiziana nei prossimi giorni.

    Sul tavolo ci sarebbe una nuova proposta di accordo globale, dopo che Netanyahu ha respinto qualsiasi ipotesi di intesa parziale: per porre fine alla guerra Israele vuole la liberazione di tutti gli ostaggi insieme, sia vivi che morti, e non più a piccoli gruppi. Questo in cambio dei 60 giorni di tregua previsti dalla bozza avanzata dall’inviato della Casa Bianca Steve Witkoff già naufragata in passato. La nuova proposta – elaborata da Egitto e Qatar insieme alla Turchia – prevede quindi, oltre al rilascio di tutti i rapiti, la fine dei combattimenti, la smilitarizzazione di Gaza e l’esilio di alcuni leader militari di Hamas fuori dalla Striscia. “Contrariamente a quanto alcuni sostengono, un accordo completo è più facile: in un accordo parziale si rimandano solo gli ostacoli”, ha commentato ancora la fonte egiziana, aggiungendo che “Hamas vuole sinceramente porre fine alla guerra, ma non crede che Israele smetterà di cercare di eliminarlo. Sono pronti al disarmo, ma hanno bisogno di garanzie”. Il funzionario ha tuttavia parlato di “cauto ottimismo” al Cairo.
    Intanto la viceministra degli Esteri israeliana, Sharren Haskel, è arrivata in Sud Sudan per incontri istituzionali: “Ho firmato un protocollo d’intesa diplomatico e visitato un centro traumatologico israeliano che ha salvato la vita di decine di bambini”, ha scritto su X, mentre il governo del Paese africano, dilaniato a sua volta da una guerra, ha smentito che i contatti con Israele riguardino il trasferimento sul suo territorio di palestinesi dalla Striscia di Gaza, bollando la notizia come “priva di fondamento”. 

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